Nell’articolo precedente, ‘La sfida multiculturale’, abbiamo visto come lungo il cammino che inevitabilmente porterà all’edificazione di una società multiculturale, sia importante coniugare il principio di tutela dell’unità nazionale sul piano sociale, giuridico ed economico, con la necessità di assicurare a tutte le culture il diritto di esprimersi nel proprio particolarismo e nella propria diversità.
Occorre trovare quel giusto equilibrio che permetta al pluralismo socio-culturale di svilupparsi senza mettere a repentaglio il rispetto dell’identità di ciascun membro della società. Per di più, il problema del pluralismo tra etnie diverse non solo ha posto interrogativi sul piano sociale, ma ha aperto anche importanti questioni nell’ambito dell'amministrazione della giustizia.
Ad oggi, il percorso volto all’acquisizione in senso universalistico dei diritti si presenta ancora molto arduo e complesso. Infatti, il tema della salvaguardia e del rispetto dei diritti di ciascun individuo risulta particolarmente spinoso, se consideriamo che il concetto e la definizione stessi dei diritti differiscono da un’area geografica all’altra e che vi sono realtà culturali non occidentali dove la stessa nozione di ‘diritti individuali’ non trova riscontro perché sono piuttosto i legami di appartenenza con la famiglia e altre forme di aggregazione (caste, comunità o clan) che contano e che finiscono per condizionare la vita del singolo fin dalla nascita.
È piuttosto difficile parlare di universalità dei diritti se pensiamo a quelle comunità di immigrati che chiedono di applicare norme o di tollerare comportamenti che sono contrari ai diritti fondamentali degli individui riconosciuti dalla società liberale occidentale. Da qui la riflessione che il riconoscimento del diritto alla differenza o la tutela delle identità culturali non possono spingersi fino a giustificare comportamenti che sono veri e propri attentati alla dignità umana e all’eguaglianza dei diritti.
Le problematiche sorgono quando è necessario conciliare i valori tradizionali con i comportamenti, gli usi e i costumi provenienti ‘dall’esterno’ e nel respingere quelle pratiche comportamentali che risultano in contrasto con elementari principi di civiltà. Spesso è proprio a causa dell’elemento religioso che emerge una differenziazione di costumi e tradizioni così forte da incidere su quelle basi valoriali condivise che sorreggono il nostro ordinamento e che sono parte integrante degli ordinamenti occidentali. I governi dei Paesi interessati hanno affrontato e risolto tali questioni adottando modelli politico-giuridici differenti, ma che perseguono l’obiettivo comune dell’integrazione degli immigrati nella società ospite. Questi sono basati su una diversa concezione della diversità culturale, ma teoricamente possiamo tracciare due tipologie: un modello c.d. assimilazionista (o integrazionista) alla francese ed un modello c.d. multiculturalista all’inglese. Per quanto riguarda la politica di assimilazione, essa tende a chiedere ai soggetti immigrati di sacrificare la propria peculiarità in nome di una cooperazione sociale. Dall’altra parte, l’adesione al modello multiculturalista, ha per esempio comportato a livello legislativo, in Inghilterra, l’adozione di alcune norme che prevedono deroghe, esenzioni o comunque regimi giuridici speciali in virtù dell’appartenenza ad un gruppo etnico di immigrati.
L’Italia, dal canto suo, non ha aderito esplicitamente a nessuno dei modelli sopracitati e le direttrici della politica in tema di immigrazione si sono dimostrate mutevoli. Infatti anche nello stesso momento storico, si riscontrano indirizzi legislativi e giurisprudenziali estremamente variabili e del tutto contrapposti tra loro, ispirati tanto all’ideologia multiculturalista che assimilazionista.
È chiaro che gli ordinamenti giuridici europei e nello specifico quello italiano, sono sempre più messi alla prova, sia dalle pratiche cultuali sia dagli istituti giuridici degli ordinamenti dei Paesi d’origine dei nuovi insediati.
I problemi di incompatibilità sorgono quando il soggetto immigrato continua a conferire rilevanza al diritto del Paese di provenienza. Sempre più frequentemente l’ordinamento giuridico italiano si trova ad affrontare situazioni critiche che riguardano la protezione dei diritti fondamentali delle donne e dei minori, strettamente regolati dai rapporti gerarchici e patriarcali sia all’interno della famiglia che dell’intera comunità di appartenenza, recanti conseguenti limitazioni dei diritti individuali.
Elaborare nuove politiche che sappiano mediare tra i due estremi, salvando i principi della libertà, della democrazia, della giustizia sociale, dell'autonomia e dell'uguaglianza è la sfida del multiculturalismo contemporaneo, in quanto una delle più importanti sfide per le democrazie contemporanee consiste nel trovare soluzioni moralmente accettabili e politicamente praticabili a tutti i problemi che emergono in una società pluralista.
L’obiettivo è quello di creare una comunità che si definisca sulla base della condivisione dei valori civili, in modo da favorire i processi di inclusione degli stranieri presenti sul territorio nazionale. All’interno di tale comunità, la maggioranza deve rispettare i diritti della minoranza a condizione però che anche quest’ultima rispetti i diritti della prima. Se una comunità rifiuta di farlo, allora occorre indurla a rispettare le norme positive e morali che prescrivono i diritti universali. Deve essere sempre garantito il rispetto delle leggi nazionali, le quali devono prevalere sulle tradizioni culturali, religiose e rituali dei paesi di provenienza.