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Cosa si intende per revisionismo storico?

2021-03-31 09:29

Chiara Tonnoni

Memoria , Revisionismo storico , Storia , Fatti , Fonti , Memoria collettiva, Verità storica , Avvenimenti , Ricerca storica , Storiografia ,

Cosa si intende per revisionismo storico?

La storiografia evolvendo insieme a pratiche, tecniche, ricerche e culture, opera revisioni costantemente, basandosi proprio su nuovi dati che possono emergere.

Il revisionismo storico, che ha assunto negli ultimi anni un’accezione piuttosto negativa e che viene percepito come una pratica potenzialmente molto pericolosa, in realtà, di per sé, non è  assolutamente negativo. Revisionare fatti storici è infatti una pratica che è sempre esistita, guardare ad accadimenti passati e rivalutarli in base a nuove conoscenze, a nuovi dati e all’analisi di nuove fonti è ciò che significa fare storia.

 

La storiografia evolvendo insieme a pratiche, tecniche, ricerche e culture, opera revisioni costantemente, basandosi proprio su nuovi dati che possono emergere con il passare degli anni. In fondo, come ben sappiamo, un qualunque evento storico non è altro che una ricostruzione di un fatto basato sull’interpretazione di fonti di vario tipo oppure su testimonianze dirette e indirette. Quello che però bisogna sempre ricordare è che queste esperienze sono scritte o riportate/raccontate da persone, che in quanto tali, hanno punti di vista univoci e personali. 

Quando lo storico lavora su un particolare evento deve infatti cercare di visionare tutti i documenti e le fonti a sua disposizione per cercare di dare un punto di vista più ampio e oggettivo possibile. 

Ma è davvero possibile dare un punto di vista oggettivo? Probabilmente no.

Questa risposta non è dovuta a dei peccati degli storici e storiografi dall'antichità ad oggi, ma è semplicemente data dal fatto che ogni persona, e quindi anche ogni storico, basa le proprie considerazioni e le proprie deduzioni su quello che conosce, interpretandole in base alla propria sensibilità e con il filtro della propria cultura e del proprio tempo. Questo non significa che non esista una verità storica degli avvenimenti, tutt'altro: è compito degli storici scoprirla o cercare di avvicinarcisi il più possibile. Questo però non è sempre possibile e/o facile.

 

Ognuno di noi ha un proprio punto di vista e anche quando si cerca di estraniarsi da quel punto di vista, per guardare le cose in modo oggettivo, è davvero difficile eliminare tutti i pregiudizi, i legami, tutte le conoscenze pregresse che esistono in noi. Siamo tutti indissolubilmente legati e influenzati dal nostro tempo e dalla nostra cultura e infatti, spesso, questi filtri attraverso cui guardiamo e interpretiamo il mondo sono assolutamente inconsapevoli. In inglese si definiscono unconscious bias tutti quei legami inconsapevoli che ci portano ad interpretare un avvenimento in un certo modo. Queste unconscious bias nonostante siano un tema di dibattito relativamente recente, non sono una scoperta nuova; infatti, queste lavorano a livello personale (durante un litigio) come a livello internazionale (scontri religiosi, guerre ecc) da sempre. Sarebbe assurdo  pensare che uno storiografo di 100, 200 o 1000 anni fa potesse trarre da un avvenimento le stesse conclusioni che potremmo trarne adesso. 

 

Appurato che sia quasi impossibile riuscire ad eliminare completamente queste unconscious bias, questi filtri culturali attraverso cui ognuno di noi percepisce e giudica il mondo, ci sono molte cose che si possono fare per scavalcare il problema o ridurlo al minimo. La prima è quella di presentare tutti i punti di vista possibili su uno stesso evento o quantomeno tutti i punti di vista ricostruibili e rintracciabili. Da molti anni infatti, la maggiore consapevolezza assunta dagli addetti ai lavori e dalle istituzioni, che si scontrano sempre di più con società multiculturali, ha portato a grandi cambiamenti e ad importanti revisioni; anche se ancora questo non si è traslato in un reale cambiamento culturale. Un facilissimo esempio di questa cosa è per l'appunto il viaggio di Cristoforo Colombo verso l'Atlantico e quella che per secoli è stata chiamata la “scoperta” dell'America. In questo senso il termine “scoperta”, che oggi si tenta di superare perché          inappropriato, è in realtà un termine che mantiene il suo senso da un punto di vista europeo.     

 

È innegabile che per la storiografia europea Cristoforo Colombo abbia effettivamente scoperto l'America (e ricordiamo che Colombo non ha mai saputo nell’arco della sua vita di aver scoperto un nuovo continente), perché prima gli europei non avevano idea che questo continente esistesse. Dall'altra parte, è altrettanto vero che, per le civiltà che da millenni vi abitavano, l'arrivo di Colombo (con la conseguente scoperta dell’esistenza dell’Europa del continente eurasiatico e di quello africano) non è certo stato un fatto positivo, considerando quello che è successo nei secoli successivi. Da questo esempio si può  evincere, come vivendo in un mondo che si è reso, con il tempo, consapevole di questa incongruenza fra la parola “scoperta” e l'effettivo sviluppo dei fatti (ossia fra la percezione eurocentrica del passato e la rivalutazione storica più complessa e molteplice dei tempi recenti) è chiaro ed è giusto cercare di superare e revisionare quest' evento. Proprio in base a queste incongruenze percettive e a causa di una incorretta rivalutazione storiografica, la figura di Cristoforo Colombo (che come tutti si comportava secondo gli usi e i costumi del suo tempo e della sua cultura, anche se a noi possono non piacere) è stata una delle figure più controverse durante le proteste del Black Lives Matter del 2020.

Il problema del punto di vista, e in particolare del punto di vista eurocentrico della storia che si è imposto del mondo (come poi quello anglosassone e ora quello statunitense) per una serie di ragioni conosciute, analizzabili e quantificabili, ha indubbiamente creato problematiche che oggi stiamo cercando di risolvere. 

 

In questo senso una rilettura, una rivalutazione e una revisione dei fatti storici più equa nei confronti delle altre culture degli altri punti di vista è solo un fatto positivo. La società cerca di migliorare e di correggere gli errori del passato e questo è un bell’aspetto del revisionismo storiografico. Tutto questo infatti ha portato a ragionare su tante discontinuità create da un punto di vista univoco e ristretto e ha portato a lavorare su una storiografia più plurale e completa che ci aiuta a comprendere meglio il passato, ma anche il presente. 

Revisionare la storia in senso positivo è anche quello che stiamo facendo in questi tempi recenti, ad esempio, rivalutando tante figure femminili o scrittori e artisti africani o nativi americani ecc. 

Ma se il revisionismo storiografico è positivo, qual è il motivo per cui questo termine ha assunto ultimamente un'accezione negativa?

 

La risposta sintetica è: perché spesso i fatti vengono manomessi, decontestualizzati e talvolta anche inventati, e questo non solo per colpa dei social media o della pratica del surfing nata con internet che soppianta la ricerca approfondita. Sicuramente con le nuove tecnologie decontestualizzare o inventare è molto più facile ed è alla portata di tutti (per approfondimenti sulle fake news e sul digitale vedere i miei articoli precedenti sul nostro sito Utensiliaaps.com), ma non è una pratica nuova. Già nel 1700 Kant si poneva la questione dell'uso improprio della storia: ovvero di un uso della storia fazioso, che nutrisse pericolose personalità, aumentasse le divisioni e nazionalismi. Le dittature del 1900, i genocidi, il razzismo sistemico o alcune guerre etniche (come quella dei Balcani) hanno dimostrato che le revisioni storiche possono essere estremamente pericolose. Il rischio è reale e lo è sempre stato, e non lo ha eradicato neppure l’educazione universale e l’aumento del benessere per chi ne ha potuto usufruire. Ovviamente il tema è molto più complesso di così.

 

Fino a questo punto non è particolarmente problematico il discorso, potremmo pure riassumerlo malamente in: quando il revisionismo allarga il punto di vista e accoglie pluralità è positivo, quando le toglie, decontestualizza e fabbrica divisioni è negativo. Ammetto che se fosse così semplice sarebbe un sogno!

In tutto questo però c'è una zona grigia che è molto difficile da valutare ed è anche molto difficile dare un giudizio o cercare di trovare una soluzione ottimale che possa mettere d'accordo tutte le parti. 

 

Sottolineo che non ho la pretesa di dare una visione completa del tema o di esaurire l’argomento, forse neanche di scalfirne la superficie, perché è un tema assolutamente complesso e divisivo, ma credo sia importante almeno porre alcuni punti da cui partire per affrontare una discussione organica sulla questione.

 

Mentre, da un certo punto di vista, è molto facile capire che c'è la necessità di ampliare il punto di vista e di dare molteplici visioni di uno stesso evento storico, dall'altra parte la necessità costante di rivalutare, con la nostra percezione, alcuni particolari eventi storici, delle volte può portarci a travisare alcuni dati. Infatti sta nascendo una tendenza a dare giudizi di valore su alcuni personaggi storici in base alle nostre sensibilità e culture senza prendere in considerazione il contesto storico e sociale in cui questi personaggi sono vissuti e questo è pericoloso. Cesare, Cleopatra e Marco Antonio possedevano degli schiavi, ma nel loro tempo era accettata come pratica, tutti li avevano, possiamo davvero giudicarli per questo? Sarebbe anacronistico farlo, e non renderebbe giustizia a queste enormi personalità. Aristotele era un sostenitore del gineceo e della regolamentazione delle libertà femminili, da ateniese del IV secolo questa visione è completamente in linea con la cultura del tempo.

 

Questo lo rende in qualche modo disprezzabile? Se lo dicesse oggi sì, ma dato il suo contesto storico la cosa non assume particolare rilevanza. Al contrario è rilevante e sconvolgente che il suo maestro Platone pensasse ad uno Stato ideale (utopico) in cui uomini e donne hanno gli stessi diritti, perché questa idea è completamente anacronistica e innovativa per l’epoca. 

Questo approccio dovrebbe essere applicato anche per personaggi più recenti, penso appunto alle accuse a personaggi come Colombo, David Hume o John Stuart Mill, giudicati indegni di essere rappresentati in luoghi pubblici perché colonizzatori, schiavisti e razzisti o sostenitori di tali pratiche. Credo che anche loro, come Cleopatra o Aristotele meritino un certo grado di contestualizzazione.

 

Non si può pretendere che personaggi vissuti secoli fa, in un mondo diverso (vogliamo usare il termine “sbagliato”, dando per scontato che il nostro sia migliore e più giusto? Lecitissimo farlo) avessero i nostri pensieri e le nostre sensibilità o anche solo le nostre conoscenze. Il fatto che sorprenda e scandalizzi che questi personaggi perpetuassero pratiche da noi ritenute inaccettabili, implica una proiezione della nostra cultura nel passato. Il che non significa in nessun modo accettare o supportare determinate ideologie, ed è anche giusto che ci scandalizzino, ma dopo dobbiamo distaccarci e ricontestualizzare. Ogni evento o personaggio deve essere studiato e analizzato in base alle nuove conoscenze, ma non alle nostre sensibilità, ridiamo al passato la dignità e l’indipendenza che deve avere dal presente.