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Le religioni delle migrazioni

2021-05-19 17:24

Chiara Tonnoni

progetti e corsi, multiculturalità;, dialogo, dialogo interreligioso, migrazioni , identità ,

Le religioni delle migrazioni

Le migrazioni sono un fenomeno antico e complesso che portano popoli a unirsi, scontrarsi e diversi. Il dialogo interreligioso è quindi fondamentale

Questo articolo segue quello di Danny Casprini: Parliamo ma non ci comprendiamo. I presupposti,  punti di forza e limiti del dialogo interreligioso  della scorsa settimana sul tema del dialogo interreligioso sul quale sta per iniziare la nuova edizione del progetto Pronao: un dialogo fra identità e alterità.

 

Oggi affronterò un tema che mi è molto caro e che parte da una delle domande che mi sono sempre posta fin da piccola: se la religione è una cosa personale e la fede ognuno la trova dentro di sé, se ogni credente ha un rapporto esclusivo con il proprio Dio, perché la religione è sempre causa di discussione e spesso lo è (e lo è stata) di guerre e efferati crimini contro intere popolazioni?

 

Come è possibile che una cosa che dovrebbe essere privata e personale, che dovrebbe nascere dalla parte più intima di ogni persona e aiutarla ad affrontare la vita, a essere la migliore versione di se stessi, sia invece così problematica? Addirittura in alcuni stati viene chiesto nei formulari di lavoro di specificare la propria religione. In questo modo la cosa più intima e personale, il proprio Dio, ciò che, sintetizzando, dovrebbe rassicurare l’anima e salvarla dal male, diventa affare pubblico e quindi casus belli.

 

Le risposte a questa domanda ovviamente ci sono e sono, nella loro ovvietà, estremamente complesse. La prima risposta che viene in mente è che la religione oltre alla fede, al lato personale, ha il lato pubblico, che è anche sociale e si esprime nella ritualità e nelle festività, forma legami e dà appartenenza, crea unità per chi ne fa parte, ma automaticamente dà origine al diverso, all’alieno, all’altro, inteso come tutti coloro che non fanno parte di quell’insieme specifico, di quella religione.

 

La religione è sempre stata fonte di unione, di identità, come lo è stata altrettanto di separazione, anche all’interno della stessa nazione (Irlanda del Nord, ex Jugoslavia ecc.) o quantomeno è spesso stata presa a pretesto per promuovere spaccature politiche. Spesso infatti, la religione, è uno dei dati che categorizza la nostra persona e definisce profondamente la nostra identità e per questo motivo è facile da usare come pretesto divisivo. 

 

Uno degli sforzi principali da quando è nata la necessità/volontà di creare stati-nazione è stato quello di mettere la religione come prerequisito fondamentale per appartenere o no ad un dato insieme. Infatti lo stato-nazione si definisce come uno spazio geografico con ordinamenti giuridici e politici che valessero per un gruppo specifico di persone, ritenuto uniforme per etnia, cultura, lingua e religione. Ovviamente, come hanno dimostrano gli ebrei per millenni, essere una nazione non è sinonimo di essere un popolo uniforme e la stessa cosa ci dimostrano le grande religioni monoteiste, Cristianesimo e Islam, dove popoli, etnie e culture diverse appartengono ad una stessa religione. Nonostante questo, sembra davvero difficile superare lo scoglio dell’alterità, della diversità intrinseca di qualcuno che crede in una religione diversa. Essenzialmente è come se fosse più facile trovare cose che ci separano rispetto a cose che ci uniscono. E’ quindi una necessità stabile un aperto e costante dialogo interculturale e interreligioso. Il dialogo risulta un’urgenza quasi in tutte le aree del mondo, data dalla coesistenza di molte religioni all’interno di uno stesso spazio politico e sociale. 

 

Anche in Italia c’è l’urgenza di aprire e mantenere attivo un dialogo interreligioso, proprio perché lo stato italiano, dato il suo peculiare percorso formativo e la sua storia recente, ha mancato di una vera e propria immigrazione (se non in anni molto recenti). Il motivo per cui è singolare il percorso di formazione dello stato-nazione italiano è perché si è unito politicamente molti secoli dopo la nascita dell’idea di “nazione italiana” e quindi ha avuto un’identità politica dopo la nascita dell’identità personale e culturale di coloro che si sentivano tali. La nostra nazione quindi ha un percorso piuttosto peculiare rispetto ad altri stati, e peculiare è anche la presenza dello Stato della Chiesa proprio all’interno dei confini italiani. Questa caratteristica “geografica”, che fa corrispondere la capitale italiana con la capitale della religione cristiana/cattolica, implica la strettissima relazione fra queste due entità. Nonostante nella penisola ci sia sempre stata la presenza di ebrei, protestanti, atei e musulmani (ricordiamo gli intensi scambi delle città italiane con il resto del mediterraneo arabo/musulmano) è radicata nella mente di tutti l’idea che dire “italiano” sia sinonimo di dire cattolico. Questo è vero nella stragrande maggioranza dei casi, poiché anche chi non si definisce cattolico o chi non lo è, in quanto italiano, viene inevitabilmente da una cultura profondamente cattolica.

 

Abbiamo qui due fattori di interesse notevole che ci evidenziano la necessità di un dialogo sul tema. A questi punti però, se ne aggiunge un terzo altrettanto rilevante culturalmente: per motivi storico-sociali ed economici, l’Italia, dalla sua unificazione fino agli anni '80 del novecento, è stata un paese di sola emigrazione. Sono gli Italiani che sono andati a stabilire comunità in tutti i paesi del mondo (si stima che ci siano almeno altri 60 milioni di italiani o di discendenti di italiani in tutto il mondo) e per oltre un secolo l’idea di “italianità” è stata chiara e distinta (nonostante le differenze regionali che agli italiani piace tanto sottolineare, la penisola è molto più omogenea di quanto si creda). Questo ha portato l’Italia a non fronteggiare quasi nessun tipo di immigrazione dall’esterno. Di conseguenza, il nostro paese non ha la storia e l’esperienza di altri stati come la Francia, la Gran Bretagna o la Germania, che sono mete di migrazione già da due secoli. L’Italia ha quindi appena iniziato questo nuovo capitolo della sua esistenza come stato-nazione e questo mette in crisi la sua identità. 

 

Eppure, nonostante il ritardo con cui l’Italia è diventata meta di immigrazione, adesso lo è, per quanto ancora molti stentino a comprenderlo. Immigrazione significa diversità, una diversità che l’Italia non ha mai dovuto affrontare in questi termini, nonostante che il paese si sia  sempre considerato variegato e molteplice, sia per la sua storia che per la sua posizione geografica in mezzo al mediterraneo. Questi fattori hanno reso la penisola un  centro di cambiamenti e innovazioni, punto di incontro di sud, est e nord, crocevia di quel crogiolo di culture che da sempre è stato il Mediterraneo (da tutti i suoi lati).

 

Nonostante questo però, oggi sembra che in qualche modo l’identità italiana sia in crisi a causa dell’immigrazione. Eppure la cultura italiana, anche più di molte altre in Europa, è nata a causa delle migrazioni, dei commerci e dei traffici, delle conquiste e delle invasioni, è nata spontaneamente e si é poi strutturata. Quasi tutti gli altri stati-nazione sono stati decisi da re o imperatori, ma non in Italia: quindi questo nuovo fenomeno migratorio non è molto diverso da quello che è sempre accaduto. Ma temo che questo argomento storico potrebbe non convincere i più. Perché oggi siamo nello stato-nazione italiano che trova grande orgoglio nella sua italianità e nel suo cattolicesimo (più formale che reale) e questi “strani” personaggi con altre lingue e religioni creano disturbo. Come se potessero portarci via la nostra identità.

 

Ma cosa possiamo fare allora? A questa domanda molte persone semplicemente direbbero di fermare l’immigrazione, ma per quanto questo sia un pensiero rassicurante per molti, è altamente improbabile che si realizzi. Le persone si muovono, si sono sempre mosse e sempre si muoveranno. E soprattutto: anche se si potesse fermare da oggi ogni migrazione, ormai l’Italia è già multiculturale ed è già multireligiosa (in realtà lo è sempre stata). Queste nuove generazioni di italiani o di cittadini stranieri residenti in Italia fanno già parte del tessuto sociale, lavorativo ed economico di questo Paese e ragionevolmente vogliono essere riconosciuti. C’è tutta una parte di Italia che vuole essere riconosciuta per quello che è, e avere i diritti che semplicemente la nostra costituzione sancisce. La libertà religiosa è un diritto fondamentale e non solo per gli immigrati, ma per tutti coloro che non sono cattolici e che da sempre sono stati marginalizzati in Italia. Oggi però grazie a tutta una serie di movimenti sociali e di una maggiore consapevolezza, soprattutto molti giovani vogliono cambiare le cose. Per farlo però è necessario aprire dei canali di dialogo fra le diverse persone e le diverse comunità. Molti stati hanno già sperimentato strade diverse per affrontare questo tema e molte per il momento si sono rivelate poco efficaci. L’Italia in questo senso, può imparare dagli errori altrui e trovare soluzioni migliori per far coesistere tutti i suoi abitanti e tutti gli italiani in uno spazio, che sarà sempre italiano, ma rispettando e recependo tradizioni diverse. Solo parlando, dialogando, ascoltando si possono trovare valori comuni e similitudini etiche e morali che sono molto più profonde delle differenze rituali e formali, che sicuramente sono più evidenti, ma non più importanti.