Ci piace pensare che il mondo si possa cambiare e che spetti a tutti noi, secondo possibilità, contribuire. Che il sapere renda liberi. Che siamo chiamati a qualcosa di più grande di quello che vediamo. Che la bellezza ci salverà.
Questi non sono fuochi che nascono dal nulla. Bruciano dentro e si alimentano di idee, di altri fuochi, di fuochi altrui, come questa idea di Schiller:
"Se l'uomo vuole risolvere concretamente quel problema della politica, dovrà affrontarlo attraverso il problema dell'estetica, perché è solo attraverso la bellezza che l'uomo si fa strada verso la libertà".
(Schiller, L2, 90)
La libertà di chi? Quale problema politico? Quale libertà? Che connessione ardita quella che vede la bellezza equivalere alla libertà.
E’ materiale su cui si potrebbe discutere per secoli, non è la più ovvia delle connessioni, eppure risuona così vera...
Questo intervento non ha l’ardire di essere un’analisi filosofica. E’ la riflessione su uno di quei fuochi che alimenta un animo sognatore e lo sostiene, e che poi diventa lente, filtro per osservare il mondo e che guida le scelte pedagogiche, personali, collettive.
Le attuali teorie sulla libertà tendono a non stabilire una connessione con il valore estetico.
La libertà o autonomia positiva è tipicamente intesa come un modo di condurre la propria vita, intesa come il prodotto delle proprie decisioni su cosa fare e chi essere e naturalmente, ciò può significare diverse cose. Ancor più difficile definire il concetto di “valore estetico”.
Le implicazioni della teoria della libertà e del valore estetico di Schiller vanno ben oltre la vita degli individui. Quando Schiller afferma che la bellezza è l'unica via verso la libertà, non ha in mente solo la libertà individuale, ma soprattutto quella collettiva. Ha in mente il Terrore, il momento di abbruttimento scaturito proprio dalla Rivoluzione Francese che, invece, nelle parole di Mirabeau, l’aveva fatto così ben sperare per il futuro delle nazioni: l’idea dell’istruzione per tutti, un programma educativo per ogni individuo, a favore della comunità.
Schiller prese le distanze dagli esiti duri della Rivoluzione. A quel progetto educativo che aveva ammirato mancava l’equilibrio tra sensibile e razionale: mancava il valore estetico, l'unico percorso verso una vera socialità, uguaglianza, le libertà politiche. Una visione in cui il valore estetico ha un ruolo nell'impegno sociale e politico.
E’ solo nella bellezza che l’uomo ritrova l’armonia tra razionale e il sensibile, e in questa armonia è libero. L’educazione, per Schiller, ha questo come scopo: educare al bello e perciò alla libertà.
In equilibrio tra il sensibile e il razionale, l’umano arriva alla libertà razionale, morale, personale, alla libertà di agire e autodeterminarsi in armonia con la collettività e lontano dal mondo che Schiller vedeva ormai corrotto da un economicismo che aveva snaturato e distrutto l’unità della personalità umana. Nessuna fede nella natura umana presunta buona in sé, piuttosto la coscienza che a questo equilibrio si possa educare.
Al giorno d’oggi questo bello lo possiamo ri-definire, trovarne l’essenza in ogni ambito, in ogni espressione. E questa libertà non ha che per limiti il cielo: libertà creative, di espressione, di azione, di pensiero, di intervento, di evoluzione. Se ne può dibattere per secoli, dicevamo.
“[...] solo attraverso la bellezza che l'uomo si fa strada verso la libertà.” diceva Schiller.
E’ un richiamo viscerale per il terzo millennio, che ha ora più che mai i mezzi di attuare la vera rivoluzione: l’educazione per tutti, il bello ovunque, la libertà per tutti.
Una di quelle idee che alimentano un fuoco.
Uno di quei fuochi che tiene in vita i sognatori.