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La (nuova) connotazione dell’abilismo

2020-12-21 08:25

Anida Hilviu

abilismo , Legge Zan, linguaggio , definizione , inclusione , trasparenza ,

La (nuova) connotazione dell’abilismo

Per cambiare il mondo ed essere meno abilisti, occorre cambiare in primis il nostro linguaggio, non solo per essere più inclusivi ma più trasparenti e chiari.

Di Anida Hilviu 

 

Il concetto moderno di abilismo inizia a emergere negli anni Sessanta  e Settanta, quando gli attivisti che cominciavano a occuparsi dei diritti delle persone con disabilità hanno inserito la disabilità nel contesto politico. Questa parola è stata registrata per la prima volta nel 1981, nel dizionario Merriam-Webster con il significato che ha oggi, e da allora ha iniziato a diffondersi sempre di più nella cultura anglo-americana. 

Ne abbiamo sentito parlare molto in tempi recenti per merito di attivisti e influencer che hanno contribuito alla diffusione del termine anche in Italia.

 

Negli ultimi mesi è entrata in modo massiccio anche nel giornalismo e nell’agenda politica, perché alla Camera dei deputati si stava discutendo il disegno di legge contro le discriminazioni e violenze per orientamento affettivo e sessuale, genere, identità di genere e, appunto, abilismo. 

Stiamo parlando del cosiddetto disegno di legge Zan, dal nome dell'onorevole Alessandro Zan, che, per la stesura del DDL, ha preso spunto da altre cinque precedenti proposte in materia. 

L’approvazione del concetto di abilismo è entrato a far parte della discussione grazie all’emendamento a firma Lisa Noja, per concentrare la discussione anche sulla discriminazione e incitamento all’odio legato alla disabilità. L’emendamento ha accolto il favore anche di alcuni membri dell’opposizione, che in fase di lavori in commissione avevano lamentato un differente approccio ideologico tra le varie forme di discriminazione.

 

Ma che cos’è l’abilismo?

Il termine deriva dall’inglese ableism, come detto in precedenza – così come diffuso in Nord America -- o disableism – principalmente usato in inglese britannico. La connotazione comprende sia le azioni più eclatanti, come impedire l’accesso a determinati luoghi fisici o a informazioni a causa di barriere architettoniche e sensoriali, sia quelle più sottili in riferimento allo stigma sia del pensiero, ma anche dal punto di vista del linguaggio nei confronti delle persone con disabilità.

 

Se ci concentriamo sull’abilismo da un punto di vista del linguaggio, è molto facile non accorgersi della quantità di frasi ed espressioni entrati talmente nell’uso quotidiano che risulta difficile, anche per i più attenti, connotare che vi è la presenza di una discriminazione. 

Dire “L’economia è stata paralizzata dal debito pubblico” oppure “Sei forse cieco da non vedere quello che sta succedendo?”, “Non hai sentito, sei sordo?” è esprimere una connotazione abilista, perchè si usano delle disabilità fisiche e sensoriali come metafora per esprimere qualcosa di negativo. Espressioni come queste sono molto comuni, presenti in diversi contesti e di svariati registri linguistici. Una frase come “l’economia è paralizzata dal debito” la leggiamo costantemente su articoli di importanti testate nazionali o la sentiamo tranquillamente in un telegiornale. Anche espressioni apparentemente innocue come “Ma era proprio qui, come hai fatto a non vederlo, sei cieco?”, che è quello che potremmo dire a un nostro amico distratto, può avere delle conseguenze sulla percezione che si ha della disabilità visiva, questo comporta implicitamente che una persona con disabilità visiva sia per forza maggiore anche distratta.  

Il fatto che tali metafore siano molto diffuse non implica però che non siano problematiche.

Lo sono eccome. Ed è necessaria una riflessione sul perché lo siano, partendo dal presupposto che le parole sono importanti, che possiamo e dobbiamo fare a meno di espressioni linguistiche discriminanti, che il linguaggio ha un potere trasformativo.

 

Quello che si auspica è che Il DDL Zan, approvato il 4 novembre alla Camera, passi ora il vaglio del Senato. 

Il Senato, oltre a confermare il testo approvato alla Camera, dovrà aiutare a perfezionare meglio alcuni concetti, a dare delle definizioni precise e - forse - a tenere in considerazione anche il concetto di intersezionalità, che durante i lavori alla Camera non è stato menzionato. Una delle definizioni mancanti è proprio quella di "abilismo" e che cosa intende per "discriminazione abilista".  

Il motivo per cui all'interno del testo manca la definizione di abilismo, sta nel fatto che l'estensione alle discriminazioni verso le persone con disabilità è avvenuta in sede di dibattimento in aula e non era scritta originariamente all’interno della proposta di legge: si presuppone quindi che le ulteriori definizioni necessarie debbano essere elaborate dalla commissione giustizia al Senato.  La necessità di una definizione di abilismo è legittima, perché al momento è assente nel nostro ordinamento. La definizione di disabilità si può desumere da altri testi normativi, ma il concetto di abilismo va oltre e necessita di una definizione all’interno del DDL Zan. 

 

Infine, si evince che, per cambiare il mondo ed essere quindi meno abilisti, dobbiamo anche cambiare in primis il nostro linguaggio, non solo per essere più inclusivi ma per essere più precisi e trasparenti nell’esprimere le nostre idee. Con o senza l'approvazione della legge Zan.  

Per riassumere il pensiero di Ludwig Wittgenstein, che la semantica e la filosofia del linguaggio le ha studiate molto bene, diremmo che ogni linguaggio che adoperiamo -- scritto, parlato, filmico o visivo -- influenza e altera cosa e come si pensa; anche la percezione del mondo esterno è condizionata dai propri personali “limiti” linguistici.