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Atti del sesto incontro Smart working e accomodamenti ragionevoli: trasformazione del m

2020-09-03 17:36

Patrizia Di Marco

Atti del sesto incontro Smart working e accomodamenti ragionevoli: trasformazione del mondo del lavoro e welfare

Il sesto ed ultimo incontro sul tema dello smart working e degli accomodamenti ragionevoli vuole riprendere gli argomenti precedentemente trattati ed

Il sesto ed ultimo incontro sul tema dello smart working e degli accomodamenti ragionevoli vuole riprendere gli argomenti precedentemente trattati ed integrarli in un’ottica di analisi della situazione legislativa attuale, con una riflessione su come venga inteso lo smart working in questo periodo di transizione e su quali possano essere le prospettive future e gli strumenti utili per un cambiamento positivo all’interno del mondo del lavoro, cambiamento che riguarda tanto i lavoratori quanto i datori di lavoro ed i manager aziendali.

 

Il punto di partenza per una riflessione su come venga pensato e regolato lo smart working si trova nell’attuale contesto legislativo: come viene considerata questa tipologia di lavoro da remoto? Il riferimento risiede nella legge 81/2017, che regola il lavoro autonomo ed il lavoro flessibile subordinato, ma che riporta diverse carenze legislative per i lavoratori agili, come ad esempio la mancanza di un welfare chiaro, l’assenza di linee guida alla formazione e la rimessa alla negoziazione contrattuale del tema della disconnessione. Visti i limiti della norma vigente, riteniamo positiva e necessaria la teoria dei flexible benefits, ovvero l’erogazione di un sistema di credito di welfare che venga pagato non in base alle tasse ma in base ai bisogni dei lavoratori, con benefici aggiuntivi che possano essere richiesti a discrezione del singolo. Possiamo trovare un valido esempio di questa nuova idea di welfare nella guida ADAPT (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali), che consiste in un manuale operativo per la costruzione di piani di welfare che non siano improvvisati, ma valutati sulle esigenze dei lavoratori.

 

Altro punto cardine nel dibattito sull’attuale trasformazione del mondo del lavoro è il well being degli individui all’interno dell’azienda. Nonostante la consapevolezza del bisogno di benessere psicofisico dei dipendenti, aspetto fondamentale nell’aumento della motivazione, la strada da percorrere sembra essere ancora lunga; sono ancora troppo pochi i corsi ed i servizi che mirano all’equilibrio tra mente e corpo e si riscontra una carenza di normativa sulla sicurezza del lavoratore in remoto. Sono necessarie indicazioni precise per lo svolgimento delle attività in vari ambienti di lavoro, sia indoor che outdoor, e per questo scopo una figura centrale risulta quella del Disability Manager, come indicato dalle linee guida del Secondo Piano d’Azione Biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità. Purtroppo siamo ancora in attesa di decreti attuativi sul tema, che rendano possibile l’applicazione delle linee guida, e ad oggi sono ben poche le realtà lavorative ad aver individuato un Disability Manager, sia nel settore pubblico che in quello privato. Tale figura, affiancando la gestione delle risorse umane, ha il compito di trovare modalità di inserimento ed inclusione, valorizzando le qualità e le competenze dei singoli, facendo comprendere che la disabilità non è intrinseca al soggetto ma al contesto. È quindi fondamentale implementare strategie di accomodamenti ragionevoli, in modo che ognuno possa diventare parte attiva del processo lavorativo, tutelando non solo le persone con disabilità ma anche i lavoratori in condizioni di fragilità.

 

Alla luce di queste considerazioni, quali cambiamenti divengono necessari per affrontare il futuro? Come emerso dalla discussione con chi ha partecipato all’incontro, un primo cambiamento indispensabile è quello di adottare una nuova mentalità; è un passaggio che richiede del tempo poiché si tratta di cambiamenti profondi, ma è fondamentale per avere una maggiore predisposizione a sperimentare diversi modelli organizzativi da parte dei datori di lavoro, partendo da un’analisi di cosa abbia o meno funzionato prima dell’era Covid-19 e durante il lockdown. Oltre a ciò, un occhio di riguardo va alla formazione, poiché serve per lo sviluppo di un nuovo metodo che lavoratori e manager possono utilizzare per anticipare le difficoltà, adottare soluzioni innovative e diventare resilienti, metodo che non può essere trovato senza un cambiamento di mentalità. Non saranno richiesti cambiamenti derivanti esclusivamente da variabili interne all’individuo; si renderà indispensabile organizzare e gestire nuovi spazi di lavoro, non più organizzati per scrivanie ma seguendo il modello open-space, con più spazi comuni ed aree relax, per costruire delle realtà più attente al benessere del lavoratore. Fondamentale sarà anche la rivoluzione tecnologica e l’affiancamento di esperti del settore per progettare strategie ed obiettivi.

 

Il cambiamento però non può essere a carico delle singole aziende, bensì di tutta la comunità. C’è bisogno di maggior coordinamento col terzo settore, anche solo per pensare ad obiettivi e strategie per raggiungerli con successo. Si sente forte la necessità di ridefinire le attività di Diversity & Inclusion, che oggi assume più che mai un valore strategico nel sostegno alle persone e alle aziende. Seppure fisicamente lontani siamo tutti connessi, ciascuno con la propria storia e unicità, e in futuro diventano quindi necessari progetti che aiutino le aziende a far fronte al cambiamento e che promuovano l’inclusione. Le diversità e i cambiamenti accadano e portano sempre dei valori che arricchiscono, perciò è fondamentale attrezzarsi per accoglierli e trasformarli in opportunità.